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    Il palazzo d’Angri di Napoli va all’asta

    È recente la notizia che la nota casa londinese Christie’s porrà all’asta il piano nobile della residenza napoletana dei principi Doria di Angri. Si tratta di circa 1.200 metri quadrati di ambienti fra il salone di rappresentanza e altri cinque saloni, otto camere da letto, la cappella privata e il boudoir, che costituivano la residenza degli ultimi feudatari angresi, il cui valore immobiliare supera i cinque milioni di Euro.
    Il monumentale palazzo Doria di Napoli, da non confondere con l’omonimo castello di Angri, si affaccia su piazza Sette Settembre, in precedenza denominata Largo dello Spirito Santo, con ingresso al civico 28; è delimitato dall’antica via Toledo, divenuta via Roma dal 1870 al 1980, quando riprese il suo nome originario, da via Sant’Anna dei Lombardi e da via Maddaloni.
    Fu Marcantonio Doria che ne decise la costruzione, rilevando due edifici cinquecenteschi attigui, il primo del 1749 e il secondo nel 1755.
    Nel 1760 iniziarono i lavori di demolizione dei vani cinquecenteschi, ma Marcantonio passò a miglior vita e fu il figlio Giovanni Carlo che proseguì l’opera, dando il mandato a Luigi Vanvitelli, famoso architetto e pittore a cui si deve, tra l’altro, la magnifica Reggia di Caserta.
    Ma il Vanvitelli, a causa della sua morte avvenuta nel 1773, non portò a termine il lavoro e al progetto lavorarono prima Ferdinando Fuga, poi Mario Gioffredo e infine, Carlo Vanvitelli, figlio di Luigi, che diede alla struttura la configurazione definitiva.
    Nel tempo furono prese in esame altre varianti architettoniche non sempre attuate: l’apertura di un altro accesso da via Toledo, ma mai realizzato; la costruzione di un accesso posteriore di fronte a un altro importante palazzo napoletano, quello dei Carafa di Maddaloni, che diede il nome all’omonima via; infine, diversi rimaneggiamenti interni attuati nei primi decenni dell’800 su disegni dell’architetto Francesconi, autore anche delle ristrutturazioni del castello di Angri e di villa Doria a Posillipo.
    Il palazzo Doria è passato alla storia, oltre che per le nobili origini dei suoi primi proprietari, per avere ospitato Giuseppe Garibaldi, che dal suo balcone diede l’annuncio ai napoletani dell’annessione del Regno delle Due Sicilie a quello Sabaudo, e per essere stato seriamente danneggiato durante le operazioni belliche del settembre 1943 con l’irrimediabile perdita di sei delle otto statue che decoravano la sua facciata e del grande stemma di famiglia che sormontava il finestrone del piano nobile.
    All’epoca del suo massimo splendore, i Doria arricchirono il palazzo di numerose e pregevoli opere d’arte fra cui si ricordano dipinti di Rubens, Tiziano, Tintoretto, Van Dyck, Ribera, Leonardo, il famoso Martirio di Sant’Orsola del Caravaggio e tre opere di Francesco Solimena. Una preziosa serie di arazzi provenienti dal castello di Angri raffiguranti la vita e le gesta del Re Sole, tessuti dalla manifattura di Beauvais,
    L’interno conserva gli affreschi di Fedele e Alessandro Fischetti, autore tra l’altro delle tele di Santa Margherita e Madonna fra i Santi presenti nella Collegiata di San Giovanni Battista di Angri, e di Costantino Desiderio, anche egli molto attivo nell’area nocerino-sarnese, di Giovanni Maria Griffon e di Giacinto Diano.
    Giancarlo Forino
    Associazione PanacèA

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