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    Angri e i Caiazza

    Dobbiamo ringraziare gli strumenti informatici e i responsabili del motore di ricerca GOOGLE, che si sono prefissi l’importante obiettivo di digitalizzare e rendere disponibili on line tutti i libri del mondo, se oggi è possibile consultare testi antichi o rari stando comodamente a casa e senza correre rischi di contrarre infezioni!
    È il caso del volume dal titolo “Della nobiltà dell’Italia”, pubblicato dal napoletano Francesco Zazzera nel 1615, da cui si evincono alcune frammentarie, ma significative, notizie su Angri.
    Trattando della famiglia Tomacelli (nel testo indicata TOMACELLA), l’autore afferma che i fratelli Giovannello e Arrigo, figli di Luigi, “Capitano de soldati ecclesiastici, nel tempo di Nicolò di Renzo (Cola di Rienzo 1313-1354) Tribuno della plebe di Roma”, sono citati in un rogito redatto a favore di Tommaso Caracciolo, detto Caraffa, procuratore di Andrea Caiazza di Capua, per un debito di 150 scudi.
    E in questo passaggio si apprende che il creditore Andrea Caiazza, si era trasferito da Capua a Napoli con “Vincenzo Caiazza il vecchio, Capitano di cavalli sotto Raimondo Orsini conte di Nola”; ovvero colui che aveva sovrainteso nel 1302 alla costruzione della chiesa di San Giovanni ad Angri!
    Il testo prosegue affermando che “ha continuata in quella città [Napoli] la sua discendenza fino ad oggi [1615], che di lei ne vivono tre fratelli cioè Paolo Abbate d’Angri persona di non poco valore, e perciò onorato di molte prerogative in quella città …”
    Sull’Abate Paolo Caiazzo ne ho già tratteggiato il profilo sul volume Angri e il suo Patrono San Giovanni Battista (p. 76-77) e rammento che ha rivestito la carica di Abate fra il 1591 e il 1624, ma preme evidenziare che le notizie riportate dallo Zazzera concordano con altre indagini. Tuttavia, un dettaglio, citato sempre dallo Zazzera, lascia supporre un aspetto inusitato riferito alla carica ecclesiastica del Caiazza; difatti, viene indicato come “Abbate di Angri” e non della Collegiata di San Giovanni Battista, già spesso appellata “Insigne” a quell’epoca!
    Questa precisazione suggerisce due considerazioni: la prima è che Angri era un paese già ampiamente conosciuto a Napoli agli inizi del Seicento, prima dell’avvento dei Doria, e ciò è certamente da imputare alla floridezza dei traffici commerciali; la seconda è insita nello stesso titolo (Abate) che viene considerato alla stregua della qualifica di “feudatario”. E anche qui, certamente per gli ingenti possedimenti in beni e capitali che gestiva in quell’epoca il capitolo collegiale. D’altro canto, alla nostra epoca non appelliamo ancora come l’”Abate della Cava” il reggente del famoso monastero benedettino di quella città?
    Un ulteriore conferma ci viene dal Catasto Onciario che, impiantato alla fine della prima metà del Settecento, riporta una serie di rendite del Capitolo angrese pari a 2425,06 once, che era un’unità di misura teorica corrispondente a 6 Ducati; quindi, si parla di un patrimonio che ammontava a 14550,36 Ducati mentre l’intero feudo di Angri era stato acquisito dai Doria per 40100 Ducati nel 1611 e 50000 Ducati furono spesi nel 1636 per acquisire il titolo di Principi di Angri. In sintesi, il patrimonio della sola Collegiata aveva un corrispettivo pari a più di un terzo dell’intero feudo.
    Giancarlo Forino
    Associazione PanacèA

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