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    Intervista esclusiva a Pietro Barbella (“I Santo California”)

    Nelle scorse settimane molti angresi , orgogliosi e felici, hanno potuto constatare che Fabio Fazio e Luciana Littizzetto utilizzavano come colonna sonora per lo spot promozionale del Festival di Sanremo la  canzone “Tornerò“. Il pezzo con cui i Santo California, band angrese degli anni ’70, hanno venduto oltre venti milioni di dischi, vinto due dischi d’oro e altri premi internazionali, suonato in ogni parte del mondo e che molti artisti internazionali hanno riproposto nelle rispettive lingue. Del gruppo, originariamente composto da Pietro Barbella, Domenico Aiello e Gianni Galizia di Angri, Donato FarinaMassimo Caso di Nocera, oggi fanno parte Barbella, Farina, Aiello e il giovane chitarrista Pasquale Sasso.

    A Pietro Barbella, frontman dei Santo California e angrese doc, abbiamo chiesto e ottenuto per ANGRI ’80 un’intervista esclusiva, che non poteva non iniziare con la richiesta di sapere se sapeva in anteprima dello spot.

    Sinceramente non me l’aspettavo. Anche io, senza nessun preavviso, l’ho vista direttamente in televisione. Sono rimasto sorpreso e allo stesso tempo molto soddisfatto, visto che in Italia ci sono tanti artisti che hanno scritto migliaia di canzoni bellissime. Essere la colonna sonora dello spot dell’evento musicale più importante d’Italia, trasmesso su tutte le reti RAI, 24 ore su 24, ci ha ridato una visibilità incredibile ed è stato un grande privilegio, non capita a tutti una cosa del genere.

    Quali sono state le reazioni del pubblico e delle persone a voi più vicine?

    Ho cominciato a ricevere telefonate sin dal primo giorno in cui è andato in onda, sia dall’Italia che dall’estero. Il video è stato condiviso in rete talmente tante volte da diventare virale e il nostro sito (www.santocalifornia.it) è stato invaso dai click. Ma non solo, siamo stati già contattati per tante serate in Italia e abbiamo già fissato quattro concerti a Manhattan (New York, USA) e probabilmente in Russia. Tutto questo mi ha fatto enormemente piacere.

    Siete stati invitati al Festival di Sanremo?

    Molti, quando mi hanno chiamato, pensavano che avremmo partecipato al Festival di Sanremo, ma la canzone è stata utilizzata solo come spot pubblicitario. Sì, siamo stati invitati, però non so se riusciremo ad andare.

    Come è nato “Tornerò”, il vostro pezzo più importante?

    Quando eravamo giovani la sera uscivamo ad Angri e per fare colpo sulle ragazze suonavamo con il nostro gruppo, era una passione che ci faceva incontrare e stare insieme. Una volta il padre del batterista ci chiese di suonare a Nocera Inferiore ad una festa patronale per intrattenere il pubblico con delle cover di altri artisti prima dell’esibizione di Iva Zanicchi. Al suo arrivo stavamo ancora suonando e il suo discografico ci notò. Fummo invitati al ristorante dove stavano cenando e ci chiese fare un provino e di mandarglielo a Roma. Andammo a Napoli a registrare in uno studio, cosa che non avevamo mai fatto prima di allora, e gli spedimmo il risultato.

    Passarono dieci giorni e non ci fu nessun contatto, per c’eravamo già messi l’anima in pace; invece, pochi giorni dopo ci chiamarono proponendoci di fare un LP di dieci canzoni. Andammo da un maestro a Roma che ci diede le tracce e ci lasciò completa libertà su come suonarle. Dopo un mese di prove ritornammo nella capitale per registrare e in Tornerò, nostro cavallo di battaglia, fu inserita anche una voce femminile, da allora rimanemmo tutti estasiati perchè prese una forma molto diversa e più orecchiabile.

    Fu la prima canzone che registrammo, non avremmo mai pensato all’epoca che sarebbe stata la colonna sonora soprattutto dei militari e degli emigranti che andavano a cercare lavoro e fortuna all’estero.

    Due mesi dopo la sua uscita era suonata dai jukebox di tutta Italia, con migliaia di persone, giovani e non, in lacrime mentre l’ascoltavano. Nel 2008 inPuglia, dopo un concerto, un Carabiniere del servizio d’ordine mi fece veramente commuovere: venne a ringraziarci per aver inciso Tornerò e ci disse che era stato in Kosovo dal 2005 al 2008 e che lì tutti i militari  ascoltavano e cantavano, come portafortuna, la nostra canzone.

    Ancora oggi questo pezzo viene suonato in tutto il mondo; pochi giorni fa mi ha inviato un video un’amica di mia figlia che studia lingue in Brasile, dove ha ripreso un gruppo di indiani che suonava la nostra canzone per le strade con strumenti a fiato. Incredibile!

    Ma quanto successo ha avuto questa canzone e quante soddisfazioni vi ha portato?

    Neanche noi sappiamo dove è arrivata “Tornerò”, ne sono state fatte 29 versioni cover italiane e straniere, abbiamo venduto oltre 20 milioni di dischi, vincendo due dischi d’oro e altri premi simili in altri paesi, senza contare appunto gli altri adattamenti. In Francia Mireille Mathieu, ha venduto 7 milioni di copie cantando il nostro brano. In Germania, Michael Holm. In Inghilterra, Tom Jones, e così via. Ci ha regalato immense soddisfazioni, così grandi che non riesco neanche a descriverle.

    Vuole raccontare ai lettori di ANGRI ’80 qualcuno dei momenti indimenticabili della vostra lunga e gloriosa carriera?

    Abbiamo suonato al Madison Square Garden a New York, dove mi è rimasta impressa nella mente quella folla di 30.000 persone con gli accendini accesi che sembravano un mare di fuoco, e in proposito voglio raccontarti due aneddoti. Il primo è che noi avevamo il camerino a fianco a quello dei Queen, ma eravamo talmente presi dalle prove che non abbiamo fatto in tempo a farci delle foto con loro, e oggi abbiamo un bel rimpianto.

    Per quanto riguarda il secondo, una volta finita la serata entrammo nel nostro camerino e trovammo dei crisantemi sul tavolino, dopo che precedentemente ci avevano avvertito che New York era pericolosa perchè c’era la mafia e molti delinquenti senza scrupoli, per cui bastava un gesto sbagliato per essere nei guai. Pertanto,i crisantemi ci fecero preoccupare e chiedere cosa avevamo fatto di male, visto che volevano ammazzarci. Per fortuna dopo poco arrivò l’interprete a spiegarci che in America questi fiori vengono regalati solo a chi ha riscosso un grande e prestigioso successo, per cui tirammo tutti un respiro di sollievo.

    Una volta abbiamo suonato in Venezuela alla Festa della Mamma: era un evento di beneficenza, dove c’erano 8.000 mamme, che ci fecero suonare Tornerò bene cinque volte; alla fine della serata uno spettatore si alzò e ci disse che se avessimo suonato ancora una volta la nostra canzone avrebbe donato ben 10.000 dollari in beneficenza.

    Quando andavamo a registrare a Roma c’era la figlia di altri artisti che avevano il nostro stesso discografico che scorazzava in sala prove e veniva a giocare con noi: era Giorgia, oggi una delle più importanti cantanti italiane.

    Perchè, dopo questo grande successo, avete fermato all’improvviso la vostra produzione musicale e vi siete defilati dal panorama artistico nazionale?

    Perchè litigammo con il nostro discografico, Elio Palumbo. Noi eravamo all’epoca uno dei primi gruppi nel mondo e quando da Angri dovevamo andare a Roma, sia per registrare che per prendere l’aereo, utilizzavamo una macchina disastrata, a cui spesso dovevamo mettere l’acqua nel serbatoio e che ogni tanto andava pure spinta. Di solito ci mettevamo sei ore per arrivare nella capitale!…Ti sto parlando di un gruppo già conosciuto nel mondo.

    Una volta giunti a destinazione il discografico ci veniva a prendere con la sua Mercedes e ci accompagnava a prendere l’aereo, dove ci prenotava posti in seconda classe, ma quasi sempre ci spostavano in prima per farci fare le fotografie e firmare gli autografi. Non potevamo permetterci neanche una tastiera da 800mila lire.

    Questo per dire che anche lui era stato travolto da questo successo inaspettato e si comportò molto male con noi, infatti non rispettò mai i patti e non pagò mai i nostri diritti sulle copie vendute e, pur conoscendo la nostra situazione logistica ed economica, non ritenne mai neanche di farci un piccolo regalo. E si trattava di guadagni di centinaia di milioni di lire.

    C’è da dire che anche noi quando firmammo il contratto la prendemmo con molta leggerezza perchè pensavamo di vendere qualche disco solo a familiari e amici del nostro paese, era una soddisfazione già aver fatto un disco, non ci interessavano quei pochi spiccioli che avremmo potuto guadagnare. Non ci aspettavamo minimamente quell’esplosione mondiale.

    Pertanto, andammo nel suo studio, era già il 1978, e gli facemmo notare che avevamo venduto milioni di dischi e, tuttavia, ci finanziavano ancora i nostri genitori. Lui andò in escandescenze, ci minacciò e fummo costretti a fargli per vedere riconosciuti i nostri diritti; ma eravamo giovani e troppo buoni, per cui ci accordammo, sfavorevolmente per noi, prima della sentenza.

    Stipulammo un nuovo accordo con lui per altri due anni e  ancora una volta non ci pagò; scaduto, nel 1980, il contratto che ci legava a lui avemmo la sfortuna di trovarci proprio nel pieno della crisi della discografia. Come se non bastasse, due componenti del gruppo ci lasciarono (Giovanni Galizia, per impegnarsi negli studi di Ingegneria e Massimo Caso, che oggi ha uno studio di registrazione a Milano). Per questi e altri motivi non riuscimmo a trovare una nuova casa discografica in Italia. Oggi siamo un gruppo che si autoproduce e si autogestisce e che, insieme al suo promoter, sta ritrovando una nuova vita.

    Nonostante abbiate girato tutto il mondo non avete quasi mai suonato nel nostro paese, come mai? Vi sentite snobbati?

    Ad Angri abbiamo suonato una sola volta, nel 1984. Ricordo che in quell’occasione montammo un palco che produceva effetti speciali e fumo finto; le persone in Villa scapparono perchè non avevano mai visto una cosa del genere e pensarono che c’era stato un grave incidente.

    Da allora non siamo più stati invitati da nessuna Amministrazione, né abbiamo mai avuto un riconoscimento dal nostro paese. Eppure siamo un gruppo che ha fatto tanto, avendo portato il nome di Angri (e di Nocera) nel mondo insieme alla musica italiana.

    Ogni tanto si riaccende qualcosa, ci chiamano e poi dicono che non ci sono soldi, salvo verificare che per lo stesso evento viene ingaggiato qualche altro artista: allora i soldi c’erano o no e come puoi non sentirti molto snobbato.

    Quello che avete fatto in questi anni ci dimostra che i sogni si possono realizzare, anche se sei nato in un piccolo paese del Sud. È d’accordo?

    Non conta dove sei nato o dove vivi, quello che conta e che tu abbia qualcosa da dire e che gli altri possano fare loro il tuo pensiero, possano immedesimarsi in quello che vuoi esprimere. Per noi è successo con Tornerò, è stato un messaggio che è andato ben oltre i confini della nostra immaginazione, proprio perchè tutte le persone del mondo si immedesimavano in quelle parole, e ancora oggi lo fanno. È atato il pubblico a rendere questo pezzo internazionale e universale.

    Quali sono i vostri programmi per il futuro?

    Abbiamo ancora tante cose da dire. La musica travalica il tempo e una bella canzone viene ascoltata sempre e fa effetto sia su un giovane di allora che su uno di oggi, anche se è stata scritta negli anni settanta. Lanceremo Tornerò in versione cinese e spagnola la presenteremo nei relativi paesi, dove comunque è già conosciuta nella versione in italiano. Stiamo lanciando il nuovo sito, ma, soprattutto, stiamo producendo un nuovo disco e una nuova canzone, che mi auguro piacerà molto ai giovani. Inoltre, abbiamo già molte date prenotate per i nostri concerti, dove presenteremo il meglio della musica italiana e internazionale da  40 anni fa ad oggi.

    Gian Maria Manzo

    Un Commento a Intervista esclusiva a Pietro Barbella (“I Santo California”)

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