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    Intervento di Giancarlo Forino esponente di PanacèA. La statua lignea di San Giovanni è un unicum che va doverosamente salvaguardato. Mi chiedo e chiedo agli Angresi: siamo consci del rischio di procurare danni irreparabili al simulacro sottoponendolo ai drammatici stress della sua annuale processione?

    Desta profonda meraviglia constatare che nonostante una dettagliata indagine storico-artistica condotta negli ultimi anni da vari studiosi ed esperti, un accuratissimo intervento di restauro preceduto da un’indagine diagnostica effettuata con i più sofisticati strumenti oggi disponibili e ben due tesi di laurea discusse presso l’Università Suor Orsola Benincasa di Napoli ancora ci sia una scarsa conoscenza del valore artistico e storico del simulacro ligneo del nostro Patrono.
    Per non parlare poi delle risposte, date in occasione di interviste andate in onda in concomitanza della recente festa di giugno, a quesiti del tipo “perché è scuro?”, oppure “è vero che è nero perché è stato bruciato?” e ancora “è vera la notizia della polena e quella dei buoi che trasportarono la statua fino al punto in cui fu costruita la chiesa?” e così di seguito, che lasciano trasparire una diffusa ignoranza sui suoi secolari trascorsi e sul suo valore culturale.
    Quindi, in esito a tali fatti, come appassionato di storia, cofondatore di PanacèA – che ha fra i propri compiti istituzionali proprio la corretta divulgazione del patrimonio artistico e culturale locale – e, non ultimo, quale Cittadino Onorario di Angri, sento il bisogno e il dovere di fornire il mio modesto contributo per chiarire quegli aspetti che riguardano la statua di San Giovanni che, alla luce dei recenti fatti, non sono stati ancora recepiti dalla collettività angrese.
    In primo luogo desidero dare un cenno sui miti tanto cari al compianto prof. Gaetano Marra; si tratta delle ipotesi che volevano la statua essere originariamente la polena di un veliero amalfitano giunta a noi dopo il suo trafugamento, un tentativo di bruciarla andato a vuoto e il trasporto con un carro trainato da buoi che si arrestano, senza voler più ad andare avanti, sul sito dove poi è stata costruita la chiesa. Questa fantasiosa storia non ha mai trovato alcun riscontro oggettivo, ma durante le mie ricerche ho trovato un labile riferimento che conforta questa tradizione orale anche se ripeto, si tratta solo di un mito; il nesso è rappresentato dalla famiglia Orsini.
    A questa illustre prosapia sappiamo che appartenne Romano, conte di Nola agli inizi del 1300 che, dando seguito ad un voto, fece erigere la chiesa angrese affidandone l’esecuzione ad uno dei suoi cavalieri: Vincenzo Caiazza. Ora, una cronaca che riguarda la storia di Bracciano, altro ridente paese situato sulle rive dell’omonimo lago nell’alto Lazio e, come Nola, per diverso tempo infeudato agli Orsini, narra che tra il 1580 e il 1584 avvenne uno straordinario ritrovamento: un contadino intento ad arare il suo campo con una pariglia di buoi giunto davanti ad un masso non riesce più a far proseguire i due animali che, tra l’altro, si inginocchiano proprio davanti alla grande pietra. Risultati vani i tentativi di far muovere i buoi, si provvede a spostare il masso e sotto di esso viene ritrovata una pala lignea raffigurante il Cristo Salvatore. Diffusasi la notizia fra il popolo, viene subito organizzata una processione per portare in paese l’effige e, prosegue la cronaca, portata dai buoi, la sacra pittura arriva al borgo. Sia i frati agostiniani che il Capitolo della Collegiata (!!) vogliono per sé il dipinto, ma i buoi dopo essersi inginocchiati davanti alla chiesa di Santa Maria Novella, che è degli Agostiniani, proseguono verso la Collegiata dove si arrestano per non muoversi più.
    Non mi è dato di sapere se il Marra avesse cognizione di questa cronaca, ma propendo per il no!
    Tuttavia, scendendo nel dettaglio, sia nel mito angrese sia nella cronaca braccianese sono citati i buoi che si fermano e non vogliono proseguire e abbiamo in entrambi i casi una Collegiata che riceve i simulacri, al di là di similitudini che meriterebbero un approfondimento sul piano antropologico, soprattutto perché è proprio nei decenni riferiti dalla cronaca che si manifesta marcatamente il culto dei Patroni e ogni borgo va ad eleggersi il proprio che, per ovvie ragioni, si coniuga con un fatto miracoloso. Ma se si accetta l’ipotesi che attraverso la corte degli Orsini si sia diffuso l’impianto mitologico di entrambi i fatti risulta molto difficile definire quale delle versioni sia padre e quale figlia.
    Infine, una piccola notazione storica; le chiese di Bracciano sono tuttora esistenti: Santa Maria Novella risale al 1436, mentre la Collegiata di Santo Stefano Protomartire, o Duomo di Santo Stefano, risale al 1427 e il Capitolo venne eretto nel 1591. E non deve meravigliare se la cronaca cita l’esistenza della Collegiata con 7 anni di anticipo sulla sua costituzione perché si tratta ovviamente di un documento redatto in epoca postuma ai fatti cui si riferisce. E questo è l’unico riferimento accertato e documentato che può avere un minimo appiglio con il mito angrese e se ciò è vero va da sé che per tramite i componenti della famiglia Orsini si è verificata una sorta di osmosi fra Bracciano ed Angri.
    Ma passiamo ora a quanto hanno appurato gli studi effettuati e le indagini propedeutiche al restauro della statua avvenuto tra marzo e maggio del 2007 (la statua fu trasferita a Napoli il 21 marzo e rientrò ad Angri il 24 maggio). Innanzi tutto è stato accertato che si tratta della più antica statua lignea presente nell’Agro; difatti, gli esami effettuati con il metodo del radiocarbonio hanno fornito una datazione che risale alla seconda metà del XII secolo. Antonio Braca afferma, difatti, che molto verosimilmente la statua potrebbe addirittura essere antecedente alla costruzione della chiesa di San Giovanni e che costituisse una specie di icona per devozione personale.
    Altro aspetto messo in evidenza dall’intervento di restauro è il possibile riutilizzo di una precedente scultura (forse un Cristo) per realizzare l’attuale icona. Ma andiamo a dare risposta, per voce sempre del Braca, alle altre domande avanzate nella citata intervista: la statua è ricavata da un unico blocco di legno, tranne le mani fissate ai polsi, … L’intero busto, inoltre, è tutto indorato tranne le parti anatomiche (testa e mani) che sono di colore scuro. Tale particolare, probabilmente, è dovuto ad un ritocco con sostanza oleosa, avvenuto in epoca imprecisata, il cui effetto iniziale è di lucentezza ma poi nel tempo è l’oscuramento della materia.
    Ora, alla luce di quanto inequivocabilmente stabilito dal consesso scientifico, tenuto conto della notevole importanza che, come si è visto, riveste sul piano artistico e culturale il simulacro, nel profondo rispetto che merita l’attaccamento degli Angresi al loro Patrono e per l’infinita importanza sul piano religioso che deve essere doverosamente tributata e riconosciuta al Santo e alla sua statua, mi chiedo e chiedo agli Angresi: siamo consci del rischio di procurare danni irreparabili al simulacro sottoponendolo ai drammatici stress della sua annuale peregrinatio?
    Concludo invitando il consesso scientifico a valutare l’opportunità, a mio avviso inderogabile, di organizzare un incontro pubblico per portare a conoscenza della cittadinanza gli esiti finali del restauro conclusosi 7 anni fa e per far prendere atto agli Angresi, credenti e non, che San Giovanni è un unicum che va doverosamente salvaguardato per tramandarlo alle future generazioni, essendo il più alto simbolo della nostra cultura.
    GIANCARLO FORINO
    Cittadino Onorario di Angri
    Socio Fondatore di PanacèA

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